sabato 26 dicembre 2015

Archeologia? Industriale!

Cari amici eccoci alle prima "puntata" dedicata all'archeologia industriale a Torino. Il primo quartiere di cui vi voglio parlare è il Parco Dora. Siete pronti? Chiudete gli occhi e datemi la mano...
 
Picchiare di martelli, macchie di olio, sbuffi di fumo, scintille, parole, rumore, sudore. Stanchezza, soddisfazione, rabbia, ritardi, nuovi progetti.
Il suono delle sirene scandiva la vita quotidiana nelle case degli operai che lavoravano nelle Ferriere Fiat o nella Michelin...
 
Un'area di quasi un milione di metri quadri nella zona nord ovest di Torino divenne, all'inizio del Novecento, uno dei grandi poli industriali. Non c'era spazio per il verde e per gli alberi, per le lente passeggiate lungo il fiume o per il cielo azzurro. Grandi lotti di terreno ospitavano fabbriche grandi come giganti addormentati, le strade erano ricoperte da una finissima polvere e le rotaie erano solcate da carri diretti alla più vicina stazione ferroviaria per il trasporto delle merci.
La storia cominciò nel 1906 quando la Michelin insediò un grande stabilimento per la produzione di pneumatici in un'area abbastanza circoscritta che però andò allargandosi nei successivi vent'anni.
La Michelin di Torino aveva una caratteristica forse unica nel suo genere: durante la costruzione  dello stabilimento si erano lasciati ampi spazi tra un edificio e l’altro al fine di ottenere vere e proprie strade interne; a ciascuna di esse era stato dato un nome, e ogni singolo palazzo o capannone aveva un proprio ingresso con numero civico. 
Nel 1917 fu la volta della Fiat che acquistò lotti di terreno già appartenenti alla Fucina delle Armi, e li convertì alla fusione e lavorazione dei metalli.
Nelle aree adiacenti si insediarono anche la Paracchi, specializzata nella realizzazione di tappeti e moquettes e la Società Nazionale Officine Savigliano destinata alla riparazione e costruzione di materiale ferroviario.
Questo enorme complesso industriale, variegato e multiforme, rimase attivo fino agli anni Novanta; la produzione era andata piano piano scemando o era stata trasferita altrove, ma alcuni capannoni erano ancora in uso.
 
Intorno al 1996 tutta l'area era abbandonata, deserta e silenziosa. Nessuno aveva ragione di passeggiare in mezzo a questi scheletri del tempo passato, anche il fiume Dora Riparia non portava allegria con il suo gorgoglio perché era stato "tombato" alla metà del secolo per ricavare uno spazio di stoccaggio dei materiali. Insomma l'unica ragione per trovarsi a passare in quelle vie era l'assenza di traffico e di semafori.
Ma la città, in crescita e movimento, proiettata su un panorama internazionale, non poteva tollerare un tale stato di abbandono ed ecco quindi che si decise di stilare, con cura e determinazione, un ambizioso progetto di riqualificazione del territorio.
 
La maggior parte degli edifici viene quindi abbattuta completamente per fare posto ad aree verdi ed il corso del fiume viene bordato da alberi e piste ciclabili.
Si decide di erigere una nuova chiesa, la Chiesa del Santo Volto e di mantenere alcuni elementi di archeologia industriale ritenuti particolarmente degni di nota.
Pronti per una passeggiata?


Il Lotto Vitali visto dalla Chiesa del Santo Volto

Sull'area del Lotto Ingest, in cui venivano create le lamine metalliche, che viene completamente abbattuto, viene costruito il Centro Diocesano e la Chiesa del Santo Volto.


La Chiesa del Santo Volto
 
La chiesa è progettata dall'architetto svizzero Mario Botta, amante delle forme squadrate e forti, contraddistinte da un'alternanza di volumi pieni e vuoti e realizzate con pochi materiali: mattoni, pietra e marmo rosso di Verona. Il fascino della nuova chiesa è dato dalla simbologia legata ai "numeri", in particolare al 7.

Interno della Chiesa del Santo Volto
 
Per ricordare la passata attività industriale del luogo, la torre delle acciaierie è diventata il campanile della chiesa con un carillon di 9 campane alla base dello stesso.

Il campanile della chiesa

L'unica architettura ritenuta così significativa da essere mantenuta è quella dell'area Vitali ed in particolare il capannone dedicato allo "strippaggio" dei lingotti di acciaio.


Interno del Lotto Vitali

Il Lotto Vitali percorribile grazie alla passerella aerea
 
 
Di esso rimane solo più lo scheletro esterno ma è interamente percorribile grazie ad una passerella aerea che permette uno sguardo sulle strutture in cemento armato conservate, come le quattro torri di evaporazione che ospitano un murales dedicato a Bobby Sands e le vasche di decantazione cilindriche, trasformate in giardini acquatici (purtroppo abbastanza decaduti).

Murales dedicato a Bobby Sands (foto dal web)

Passeggiando verso est si nota anche un'altra torre di evaporazione, a destra, oltre il fiume. Si tratta dell'unico elemento superstite della Michelin.

Torre di evaporazione della Michelin

Resta ancora molto da sistemare e tanta manutenzione da fare per mantenere in vita questo gigantesco polo ex industriale che deve essere conosciuto, frequentato e amato. Ma siamo sulla buona strada!

domenica 20 dicembre 2015

Luci in città

Dal 1600 Torino è illuminata di notte. "Niuno, tanto forestiere, quanto cittadino, potrà andare di notte per la città senza lume...".
La città investe molto nel tempo, facendosi carico del costo del combustibile ed imponendo ai privati cittadini una regolamentazione dell'illuminazione, arrivando a contare nel 1900 più di cinquemila fanali fra lampade a luce elettrica, ad arco e ad incandescenza.
In varie occasioni la città era stata illuminata a festa; per le nozze di Carlo Emanuele III, le scenografie luminose erano state curate da Filippo Juvarra, per Vittorio Emanuele II si era fatto uno spettacolo di fuochi d'artificio in piazza San Secondo (presso l'attuale corso Matteotti) e nel tempo gli allestimenti erano diventati sempre più coivolgenti.
Il 14 maggio del 1860 via Dora Grossa risplendeva attraversata da 30 arcate luminose (a gas) che creavano un magnifico tunnel lungo un chilometro, ma la vera grande rivoluzione si ebbe con l'avvento della luce elettrica.

14 maggio 1860 via Dora Grossa a Torino
 
 
Durante la grande Esposizione torinese del 1884 fu infatti installato, nel parco del Valentino, il "sole elettrico", un proiettore con la potenza di 30.000 candele su una torre in legno alta 40 metri che dal parco illuminava a giorno la collina.

Il Sole elettrico al parco del Valentino

 
Da questi eventi circoscritti si è passati, in tempi recenti, alla manifestazione denominata "Luci d'Artista". Siamo ormai arrivati alla 17esima edizione, da quel lontano 1998 in cui furono commissionate queste scintillanti opere a 14 artisti di grande fama.

Nicola De Maria, Il regno dei Fiori

 
La prima, la più discussa e la più "bisognosa" di spiegazione fu "il volo dei numeri" di Mario Merz, arditamente installata sulla cupola della Mole Antonelliana.
Le "luci d'Artista" non hanno un significato in senso cristiano e solo due di loro includono la parola "Natale" nel titolo, ma tutte hanno in comune un messaggio positivo di condivisione, di riuso dei materiali, di attenzione e di amore verso sé stessi e gli altri.
"Amare le differenze" di Michelangelo Pistoletto è una installazione che riporta questa frase in 39 lingue diverse, "Luì e l'arte di andare per il bosco" di Luigi Mainolfi parla dell'invenzione dei sonagli come mediatori fra il rumore assordante della città ed il silenzio disorientante del bosco.
"Palomar" di Giulio Paolini narra della condizione dell'uomo come un funambolo in bilico fra terra e cielo...E ancora le affascinanti "Vento Solare" di Luigi Nervo e "Costellazioni" di Carmelo Giammello...
 
 
 
 
Luigi Mainolfi, Luì e l'arte di andare per il bosco
 
 
Luigi Nervo, Vento Solare
 
 
Carmelo Giammello, Costellazioni
 
 
 
E allora cosa aspettate? Prendete guanti e berretto e venite con me!

 


mercoledì 9 dicembre 2015

Una passeggiata lunga tremila anni

"Ed ora, se siete pronti, cominceremo una passeggiata lunga tremila anni..."
Qualche turista del mio gruppo ridacchia sempre e non sa che in realtà gli ho fatto lo sconto di cinquecento anni per non spaventarlo subito.
Siamo al Museo Egizio di Torino ed ho appena terminato il racconto sulla nascita di questo strepitoso museo e prima di saltare sul gradino delle scale mobili, spezzo la mia spiegazione con questa battuta.
Saliamo e saliamo verso l'alto, accanto a noi la grande opera di Dante Ferretti che rappresenta l'Egitto.
"Quando vedrete il Delta saremo arrivati" la mia voce nelle cuffiette spezza il silenzio dei turisti in fila dietro di me.
Ed eccoci nel corridoio del predinastico a salutare con un sorriso la mummia naturale, delizia dei bambini e raccapriccio di alcune signore.


mummia naturale - epoca predinastica

Come una padrona di casa attenta e premurosa presento gli oggetti: palettes cosmetiche, vasi in terracotta, sarcofagi in legno o granito, abiti plissettati quattromila anni fa, corredi tombali via via sempre più complessi e articolati...Ma ecco qualcosa che toglie il fiato ai miei visitatori: gli affreschi della tomba di Iti e Neferu. Lo confesso, li ho visti dal vivo per la prima volta della mia vita il 31 marzo 2015 e ho dovuto asciugarmi le lacrime per l'emozione.
I colori, il disegno, i dettagli e l'incisività, sintetica e curata allo stesso tempo, sono davvero indescrivibili e tolgono il fiato.


affreschi della tomba di Iti e Neferu

Proseguo attraverso statue, sarcofagi e vasi canopi e, scesa al piano inferiore, sono pronta a far vivere nuove emozioni.


il Medio Regno


La tomba di Kha e Merit è un vero e proprio trasloco da una dimora "patrizia" ad una casa per l'eternità. Letti, sgabelli, pentole, cibo, cosmetici, abiti, mutande (non vorrete mica affrontare la vita eterna senza le mutande, vero?), parrucca, rasoi e unguenti...Sembra davvero di doversi pulire i piedi sullo zerbino ed entrare chiedendo "permesso?".

il nuovo allestimento della tomba di Kha

E poi via, attraverso il corridoio dei sarcofagi verso l'epoca tarda e le famosissime mummie delle tre sorelle... ed è ora di scendere nello statuario.

verso l'epoca tarda

Questo è un luogo così magico e suggestivo che merita un racconto a parte. Coppie di statue scortano i visitatori in una passeggiata che presenta i principali faraoni, con imponenti e meravigliose statue, il cui trasporto fu davvero un'impresa.
La luce e la vivacità del bookshop riportano velocemente alla nostra epoca; è come emergere da un sogno, ritornare da un viaggio, un viaggio lungo tremila anni.

giovedì 3 dicembre 2015

Vi presento Hello Torino

Eccomi qui! Certo da qualche parte bisogna pur cominciare e dunque a voi il mio nome e il mio volto! Sono Paola, guida turistica abilitata e blogger di Hello Torino.
Non sarò archeologa di me stessa raccontando i miei trascorsi da studentessa ma comincerò questo breve racconto con la frase: al bello non ci si abitua mai.
E' proprio questa la frase che ripeto spesso ai miei turisti quando mi chiedono del mio lavoro, al bello non ci si abitua mai e sono davvero contenta di questo perché mi permette ogni volta di mostrare i tesori del mio Piemonte come se anche io li vedessi per la prima volta.
E' vero, ho un sacco di fantasia e di capacità di immedesimazione e adesso che sono "grande" ho imparato ad usare nel modo giusto queste qualità a volte un po' ingombranti.
E' bellissimo vedere le arcinote piazze della mia città, gli oggetti nei musei tante volte spiegati, le vigne delle Langhe o le chiese medioevali che mi sono tanto familiari, come se fossero davanti ai miei occhi per la prima volta. Al tempo stesso però, grazie a più di dieci anni di esperienza come guida, so perfettamente cosa raccontare, quale dettaglio valorizzare, dove indirizzare gli occhi o la macchina fotografica dei miei turisti.
Questo è vincente per me. E così vi aspetto in Piemonte per farvi vedere questa terra meravigliosa anche attraverso i miei occhi.
 
 

Qui in realtà mi trovo a Lyon. Una guida che non viaggia è un controsenso!